LA NASCITA DEI NUMERI. Lisa R. e Lisa T. cl. V ins. Margherita
LA NASCITA DEI NUMERI
Gli uomini primitivi non sapevano contare.
I pastori ogni giorno dovevano portare al pascolo il loro bestiame. Come potevano contarlo?
Probabilmente il pastore ogni mattina, per ogni pecora che usciva dall’ovile, prendeva un sassolino e lo metteva in un punto preciso del terreno o in un sacchetto, formando un insieme di sassolini, per cui ogni sasso corrispondeva a una delle sue pecore.
Tra le pecore e i sassi c’era una corrispondenza biunivoca, cioè a ogni sassolino corrispondeva una pecora e a ogni pecora un sassolino.
L’insieme delle pecore e l’insieme di sassolini depositati erano equipotenti.
Al ritorno dal pascolo poteva controllare che le pecore ci fossero tutte: toglieva dal sacchetto un sassolino per ogni pecora che rientrava.
Oltre ai sassolini usavano altri metodi, ad esempio fare una tacca su ossa o pezzi di legno. Con questi metodi era impossibile rappresentare quantità numerose, era necessario trovare qualcosa di diverso.
La scrittura dei numeri nacque verso il 3˙300 a.C. in Mesopotamia. I Sumeri inventarono i primi simboli numerici e scrissero i loro conti su tavolette d’argilla.
I simboli usati erano un chiodo piccolo, per le unità, un chiodo grande che valeva 60, un cuneo piccolo, per le decine, e un cuneo grande che valeva 600. Questo sistema utilizzava, dunque il raggruppamento in base 60, cioè sistema sessagesimale.
Ogni simbolo poteva essere ripetuto fino a un massimo di tre volte per riga.
In Egitto la numerazione era geroglifica, per rappresentare numeri fino a un milione. Una sbarra verticale era 1, un manico di cestino era 10, una corda arrotolata era 100, un fiore di loto era 1000,ecc.
Ciascun simbolo poteva essere scritto fino a 9 volte di seguito. Poi invece di scrivere dieci volte lo stesso simbolo, se ne usava uno nuovo di valore maggiore, sistema decimale.
Il più antico sistema di numerazione cinese è basato su ideogrammi che venivano dipinti con un pennello intinto nell’inchiostro di china. Le cifre del loro più antico sistema di numerazione sono i seguenti:
Gli antichi per fare i calcoli usavano i cosiddetti “abachi”, tavolette divise in scomparti nei quali venivano sistemati dei sassolini; in ogni scomparto veniva inserita una serie di sassolini a seconda delle unità, delle decine, delle centinaia e così via. Poi venivano aggiunti i sassolini corrispondenti al numero che doveva essere sommato: si contavano, quindi, tutti i sassolini presenti nello scomparto delle unità e, se superavano il dieci, si lasciavano solo quelli precedenti, mentre, nello scomparto delle decine, si aggiungeva un sassolino che valeva dieci e così via.
Successivamente vennero introdotti dei simboli speciali per ciascun numero da 1 a 9, al posto dei sassolini: si poteva così piazzare direttamente il simbolo equivalente a quella cifra. Questo metodo è detto posizionale perché il valore di ogni cifra dipende dal posto che occupa nel numero.
Mancava, tuttavia un importante tassello: lo zero, una cifra alla quale nessuno, fino a quel tempo, aveva ancora pensato. Prima dell’invenzione dello zero si inseriva un punto per indicare lo spazio vuoto; era, infatti, un indice di posizione e non un’unità di calcolo.
Lo zero venne introdotto, come numero della numerazione dai mercanti indiani del IX sec. d. C., poiché essi si erano accorti che lasciando degli spazi vuoti nella scrittura dei numeri, c’era il rischio di incorrere in equivoci molto seri: 120 o 1200? 10 o 100?
Essi, allora, inserirono lo zero come lo conosciamo noi per indicare il vuoto, gli arabi, successivamente, lo introdussero in Europa.
I Romani usavano raggruppare sia in base dieci che in base cinque, usavano sette simboli per scrivere tutti i numeri.
Ancora oggi vengono usate le cifre romane su alcuni orologi, monumenti, per indicare secoli,ecc.
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